Computer in education.
La presunzione di indicare alcune pietre miliari.
Che cosa può esserci di nuovo o di diverso nei prossimi anni? E’ presto per dirlo!
Possiamo cominciare chiedendoci che cosa ci pare già come vecchio.
Stanno avvenendo grandi mutamenti nelle tecnologie informatiche, nella rete e nella la comunicazione che si veicola con inevitabili riflessi sull’educazione. Tutto ciò impatta sul computer personale, sui suoi epigoni e sulle relative evoluzioni, comprese quelle in rete. Tutto ciò entra di necessità negli strumenti di lavoro degli educatori.
Ciò quindi induce la domanda: “Come è cambiata la logica e la prassi che si è posta nel pensiero educativo?”.
Qual è l’impatto che questi mutamenti hanno sulle tecnologie educative poiché interagiscono nel contesto al quale si applicano? Mentre le prime, pur numerose, sono ricostruibili se si seguono i fili rossi che inducono, si rimane sconcertati se si esamina la variabilità che le loro applicazioni comportano nei contasti educativi. Questi oggi sono notevolmente diversificati a causa del melting pot che li domina per il ribollio delle diversificazioni del linguaggio, del costume indotti dall’ impatto delle mode e della pulsione dei media.
Negli anni ’80 del secolo scorso l’analisi di questi aspetti era più immediata. Non erano ancora emersi i “Nati digitali”. L’ignoranza propria della “non conoscenza” era facilmente individuabile. Bastava distinguere tra alfabeti informatici e quelli che non lo erano. In tal modo il quadro si faceva più chiaro. Le regole invalse in campo educativo erano date dal fatto che in primo luogo si doveva disporre delle conoscenze presenti in campo pedagogico, poi della cultura manualistica di cui si disponeva in campo informatico, quindi si lavorava applicandole. Solamente in pochi, e noi tra questi, si ostinavano a porre in primo piano la necessità e la conseguente importanza del pensiero scientifico sviluppato secondo un modello logico matematico. Tutto ciò per noi prendeva il nome di “educazione al pensiero informatico p logico strutturato” ma era perlopiù assente in campo educativo. Vi dominava invece quello sequenziale (se A è uguale a B e B è ugnale a C, allora A è uguale a C; prescindendo dalla condizioni intrinseche di A, di B e di C e delle loro caratteristiche che si applicavano in una programmazione strutturata).
Quel quadro di riferimento oggi muta a causa dell’incremento dei processi digitali sempre nuovi collegati a risorse tecnologiche che si rinnovano di contino. Così avviene che si possa fare comunicazione (variamente a seconda delle cultura e delle classi di appartenenza, ad esempio, con il contenuto scarno e impressionistico del Messaggio che si veicola all’occasione attraverso la Posta Elettronica, Facebook, o twittando con 140 caratteri). I contenuti procedono con livelli di andata e ritorno che sono altalenanti e che coinvolgono, ed esempio, il garzone incolto il politico, il giornale. ecc.
Su tutto ciò impatta ulteriormente il progresso della tecnologia, la moda, il circuito mediatico ma non l’intelligenza. Il tutto in attesa che una nuova ventata induca altri comportamenti, come sta avvenendo, ad esempio con il cosiddetto “selfie” o avviene ancor di più nella forma della comunicazione dove l’immagine fissa sostituisce la parola. Questa si riduce perlopiù a un’istantanea, labile e effimera negli Istagram, (3,5 mila miliardi di foto scattate l’anno scorso) prese con diversi strumenti digitali in formato standard e modificabile, condivise istantaneamente su diversi social network, individuali o accoppiati a Facebook, Twetter, Flicker, ecc.
Nascono e comunicano in questo modo gli “Idioti digitali” che con un braccio alzato impugnante un apparto atto a fotografare e scambiano loro parti celebrabili di sé. Se capita di ascoltare una qualche loro intervista si scoprono sia la povertà della forma, sia del contenuto che esprimono.
Si chieda quindi l’educatore a che cosa vale in questo contesto la “biblioteca digitale”, che purtuttavia esiste in modo più o meno ordinato o più o meno orchestrato! Essa contiene di tutto e il contrario di tutto. Non la si analizza con le armi della critica. Soprattutto questa non vengono fornite! E’ con queste realtà che convive l’intento didattico.
Così nel contesto che ho appena divisato le “Competenze digitali” o le “Competenze informatiche di base” sembrano avviarsi per un percorso sempre più difficile.
In conclusione, pare arduo che si possa realizzare attraverso di esse la speranza di un’autentica formazione al pensiero logico – strutturato e che esse siano epigoni del pensiero matematico. Troppo spesso i tentativi che si fanno conducono a realizzare un “Soprattutto”. Occorre evitare il pericolo di attuare un semplice addestramento alle nuove tecnologie che “Oltretutto” è limitato dalla sempre più breve vita delle stesse.